sabato 4 giugno 2016

IL FUTURO DELL'ECONOMIA ITALIANA ALL'ESTERO SEMBRA CONTINUARE A PARLARE LINGUA RUSSA

Le sanzioni economiche applicate nel 2014 dall' Ue nei confronti della Russia a seguito del suo coinvolgimento nella crisi geo-politica ucraina e le reazioni di Mosca sono costate, fino ad adesso, al Made in Italy 3,6 miliardi di euro. 
 

L'export italiano verso il subcontinente russo, infatti, è passato dai 10,7 miliardi del 2013 ai 7,1 miliardi di euro del 2015 (-34%). Molti politici, allarmati da queste cifre, che invocato la revoca immediata delle sanzioni europee applicate alla Russia per l’annessione della Crimea e per il suo ruolo nella guerra civile ucraina.


 La Cgia di Mestre riporta come la Lombardia sia la regione che più ci ha rimesso perdendo 1,18 miliardi del volume di esportazione, a seguire Emilia Romagna (-771 milioni) e Veneto (-688,2 milioni). Fra tutti, il comparto manifatturiero è quello che pare più sofferente, seguito a ruota da quello dei macchinari (-648,3 milioni di euro), l'abbigliamento (-539,2 mln), gli autoveicoli (-399,1), le calzature e gli articoli in pelle (-369,4), i prodotti in metallo (-259,8), i mobili (-230,2) e il settore elettronico (-195,7). Se durante l’estate sembrava essersi aperto uno spiraglio legale attraverso il quale aggirare l’embargo ai prodotti italiani, quando la corte arbitrale di San Pietroburgo emise una sentenza che dichiarava lecita la vendita di prodotti italiani a Mosca, a costo di non esserne importatori, la cosa al momento non sembra una prospettiva praticabile. 


Il prezzo della crisi economica russa

Ma, al di là delle apparenze, questa drastica diminuzione dell’ export non è tanto causata dalle sanzioni europee e dalle contro-sanzioni del Cremlino in funzione anti-europea, ma quasi quasi unicamente alla profonda crisi economica russa. Come ha detto l’agenzia dell’Istituto per il commercio estero a Mosca, su questo trend «ha fortemente influito sia un effetto di economia reale sia un effetto valutario». Vale a dire la recessione e calo del potere di acquisto del rublo. I russi comprano meno auto, meno macchinari, meno moda italiana, meno oggetti di design, mobili e apparecchiature elettriche: non comprano perché hanno i soldi e la domanda interna è scesa vertiginosamente, in una sola parola il paese si sta impoverendo. Con la discesa del prezzo di petrolio e gas, voce principale dell’export russo, la recessione sembra impossibile da arrestarsi e inoltre aggravata da una inflazione sensibile. Se l’Italia dovesse scegliere di appoggiare in sede europea l’ appello russo a cancellare le sanzioni, questo dovrebbe avvenire a seguito di una decisione di natura politica, non economica.

Dal Made in Italy al Made with Italy: nuove prospettive di penetrazione sul mercato
Il Made with Italy sembra essere una soluzione accettabile per riavviare interscambi con la Russia in attesa che anche il Made in Italy possa riprendersi una volta eliminate le sanzioni. Konstantin Krokhin, presidente della Commissione italiana della Camera di Commercio di Mosca, mette l’accento su una collaborazione possibile tra regioni italiane e russe: una sorta di gemellaggio che investa vari aspetti dalla cultura allo sport, passando per il turismo, la sanità e ovviamente una cooperazione economica e produttiva. «L’Italia - come spiega Krokhin- è da sempre, per noi, moda, design, turismo, eccellenze alimentari. La collaborazione industriale sembra la chiave fondamentale. Una collaborazione, che tragga dall'esperienza e dall'innovazione di entrambi i paesi, in una vera e propria prospettiva glocal.
Krokhin presenta l’esempio della collaborazione tra la Lombardia e la città di Nizhnij Novgorod, o tra la Lombardia e il Bashkortostan, una repubblica autonoma della Federazione russa tra il Volga e i monti Urali, ma l’attenzione della Camera di Commercio di Mosca sembra essere su tutte le regioni russe pronte a stringere rapporti di collaborazione nei settori della petrolchimica, dell’agricoltura, della sanità, del turismo. Si prospetta la volontà di facilitare i contatti diretti con l’Italia, anche considerando l’indebolimento della posizione della Germania in Russia: «Si libera un posto in cui noi invitiamo la produzione italiana, di qualità elevata ma meno cara e incoraggiare la collaborazione non solo dei grandi nomi ma anche dei piccoli imprenditori ». 

Il caso del Bashkortostan
Sempre tornando all'esempio del Bashkortostan, Krokhin ci illustra come questa regione, prima nella Federazione Russa per la produzione del latte ma carente in quanto a cultura e know-how del formaggio: a questo sopperivano, prima delle sanzioni, i prodotti italiani importati da Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte. Nell'epoca post-sanzioni, l’export italiano si reinventa: collaborando con le eccellenze casearie italiane, come la centrale del latte di Torino, che, a fronte di esenzioni fiscali e finanziamenti agevolati, possano localizzare della produzione di nuovi tipi di formaggi in stile italiano in Russia, ovviamente mantenendo la qualità e lo standard nostrano, ma con il vantaggio di di materie prime e costo della manodopera molto bassi.
Che questa sia la ricetta giusta per una ripresa dell’export nella nazione russa non si può sapere di preciso ancora, ma di sicuro in questa prospettiva si rende sempre più importante la necessità di rendere “disponibili” le informazioni delle imprese per una collaborazione russa, adoperandosi con servizi di traduzione qualificati per localizzare cataloghi, siti web, documenti e tutto il materiale di marketing che può essere necessario per rendere questa prospettiva reale

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